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La polemica sui reati ambientali nel codice penale PDF Stampa E-mail
Scritto da Sisto Bruni   
Mercoledì 21 Gennaio 2015 19:46

articlesNei giorni scorsi è circolato in rete un curioso quanto strampalato post del presidente di Peacelink Alessandro Marescotti, contro la riforma che introdurrebbe 4 delitti ambientali nel nostro codice penale. Una riforma di civiltà e buon senso che Legambiente (insieme a forze dell’ordine, magistrati e associazioni e in generale a coloro che ogni giorno si confrontano con i crimini ambientali passati sistematicamente sotto silenzio) chiede senza successo da più di 20 anni.

Una riforma oggi appesa a un filo, con un testo approvato quasi un anno fa alla Camera dei deputati alla quasi unanimità (solo 4 voti contrari) e che da allora giace dimenticato al Senato. Un testo che seppure con alcuni suoi limiti – facilmente superabili in una serena logica costruttiva, che abbiamo prontamente fatto presente  – potrebbe rappresentare un primo fondamentale passo in avanti sul fronte della tutela penale dell’ambiente. Non è il miglior testo, certo, ma rappresenterebbe comunque un punto di non ritorno che gioverebbe all’intero paese. L’alternativa è lasciare tutto com’è oggi. Proprio nella consapevolezza che non ci possiamo permettere di perdere questa occasione, Legambiente, insieme a una trentina di associazioni (tra cui WWF, Greenpeace e Libera), ha lanciato un appello pubblico con tanto di sottoscrizione per chiedere ai senatori, con le migliorie proposte, di fare diventare quel testo legge dello stato. Legittima ogni critica, s’intende, a patto di rispettare la realtà dei fatti. (http://www.legambiente.it/in-nome-del-popolo-inquinato)

Contro questo Appello e contro il testo approvato dalla Camera si è scagliato con una inspiegabile furia il presidente Marescotti, con un post che a dire il vero non meriterebbe tanta attenzione, non essendo altro che una penosa mistificazione della realtà, se non fosse che la sua pubblicazione su Il Fatto Quotidiano gli abbia conferito una certa notorietà sui social. E conoscendo le perfide e infestanti logiche social ci preme fare qualche considerazione. Secondo Marescotti, in sostanza, tale disegno di legge “nei fatti peggiora il codice penale nel campo degli ecoreati”. Peccato, però, che nel codice penale di reati ambientali veri e propri non ce ne sia traccia, essendo quasi tutti reati contravvenzionali previsti in diversi provvedimenti di legge, il più importante dei quali è il cosiddetto testo unico ambientale (Dlgs 152/2006). Quindi, come potrebbe questo testo peggiorare il codice penale non è dato saperlo. Un mistero (sfuggito perfino alle decine di giuristi ed esperti consultati in questi anni). Di peggiorare non c'è proprio pericolo, quindi.

Senza entrare troppo nei tecnicismi, quindi, è incredibile come il presidente Marescotti non riesca a comprendere nemmeno questo primo punto: si sta parlando di introdurre 4 nuove fattispecie penali che oggi non esistono –  inquinamento e il disastro ambientale, impedimento al controllo e trasporto e abbandono di materiale radioattivo – e che queste non estinguono gli altri reati contravvenzionali fino a oggi in vigore. Quindi è un di più non un di meno. Il Codice dell’Ambiente rimarrà in vigore e nessun’altra legge in campo ambientale verrà soppressa, rassicurate il Dr. Marescotti.

Oggi, ad esempio, gli inquirenti che si trovano dinnanzi a un disastro ambientale possono solo tirare come un elastico fino a spezzarlo un articolo del codice penale, il 434, pensato e scritto per il crollo di costruzioni e altri disastri. Una attività ermeneutica che si è scontrata recentemente anche dinanzi alla Corte di Cassazione, nell'ambito del noto processo Eternit. Non a caso i Supremi giudici non hanno potuto fare altro che prendere atto dell’assenza di uno specifico delitto di disastro ambientale a consumazione permanente, assolvendo gli imputati. Ebbene, il tanto contestato disegno di legge introdurrebbe proprio uno specifico delitto di disastro ambientale (art. 452 ter), con il quale il signor Schmidheiny sarebbe stato condannato. Tanto per dirne una. Con il nuovo testo così formulato per la prima volta l’ambiente in quanto tale sarebbe meritevole di tutela penale, e non come accade oggi solo se si mette in pericolo la pubblica incolumità, per dirne un’altra. Così come, sempre restando al disastro ambientale, con il nuovo articolo, oltre all’aumento considerevole della sanzione (dai 5 anni attuali fino a 15 + una serie di aggravanti), si prevede il raddoppio dei termini di prescrizione, fino a 37 anni. Con questa nuova norma non ci sarebbero state le recenti prescrizioni nei processi Bussi o Marlane, per dirne un’altra. Il Dr Marescotti è invece soddisfatto dello status quo? Noi no.

Anche rispetto all'altra critica del post, cioè al legame dei due delitti (inquinamento e disastro ambientale) alla esplicita violazione di una legge, se si mette da parte il solito furore ideologico è facile comprendere come si tratti di un principio cardine di civiltà giuridica, cioè che per  contestare un delitto di danno in campo ambientale è necessario che sia stata comunque violata una qualche norma. Vogliamo chiamare in giudizio un amministratore locale per il solo fatto che consente la circolazione delle auto?

Ridicola anche l’altra critica riguardo alla difficoltà di accertare nel concreto l’inquinamento o il disastro ambientale. Basterebbe un minimo di buon senso per comprendere che se si vuole passare da un approccio di pericolo astratto, così come è oggi (che prevede però solo delle contravvenzioni), a quello del danno concreto è naturale che ci debba essere una qualche valutazione del danno. Altrimenti chiunque, anche il Dr. Marescotti, potrebbe essere chiamato a rispondere di qualche danno ambientale senza alcuna valutazione. Giustizia sommaria, insomma.

Come spiegherebbe il Dr. Marescotti che contro questa riforma si è scagliato un bel pezzo del mondo produttivo, che sta remando contro in ogni modo? I peggiori inquinatori stanno guardando con grande preoccupazione a questo testo, lanciando gli stessi strali accennati del Dr. Marescotti nel suo post. Anzi, verrebbe semmai da chiedere al presidente di Peacelink se è soddisfatto di trovarsi dalla stessa parte della barricata con i peggiori inquinatori seriali, quelli che fino oggi si sono serviti dello scarso livello di tutela penale ambientale per scaricare i costi sui territori e sulle popolazioni.

Non rispondiamo invece alle squalide insinuazione e alla totale mancanza di rispetto degli altri di cui è farcito il post del Dr. Marescotti, che attengono alla sua personale cifra morale e professionale, sulla quale non abbiamo alcuna intenzione di entrare.

Rimane il fatto che la nostra azione politica, con tutti i suoi limiti, è tesa esclusivamente all’interesse collettivo, che è quello di avere una maggiore tutela penale dell’ambiente. Un’azione che conduciamo da sempre con uno spirto collaborativo, a-ideologico e realistico. Non ci piacciono la gare a chi è il più bravo e probo di tutti. Sotto questo aspetto, lasceremmo volentieri lo scettro del più intelligente e probo di tutti al Presidente Marescotti in cambio di questa minima riforma del diritto penale in campo ambientale. Vorremmo, molto semplicemente, che chi inquina paghi e non la faccia franca nelle aule di giustizia, come accade oggi. Quindi favorevoli a tutte le critiche propositive (non ce n’è traccia nel post del Dr. Marescotti, a differenza invece di un analogo post sempre su Il Fatto quotidiano pubblicato negli stessi giorni dall’avvocato Stefano Palmisano, nella sostanza favorevole alla riforma), rigettiamo tutto il resto.

Rossella Muroni, direttrice generale Legambiente

Stefano Ciafani, vicepresidente Legambiente

Ultimo aggiornamento Mercoledì 28 Gennaio 2015 19:20